La depressione post parto…parliamone

Femmine un giorno, madri per sempre
Femmine un giorno e poi madri per sempre cantava De André in Ave Maria, sugellando in poche parole il destino di chi ha avuto la fortuna di accogliere la vita nel proprio grembo e di vederla un giorno nascere.
È proprio così, cara mamma o futura mamma: noi donne abbiamo il privilegio assoluto – concessoci da madre natura o da un qualsiasi altro ente superiore nel quale tu creda – di generare altra vita nel corso della nostra stessa vita.
In un certo senso, abbiamo il “superpotere” di amplificare il significato della nostra esistenza, duplicandola, triplicandola… moltiplicandola senza doverci necessariamente dividere, ma producendo sempre nuovo amore.

Amore per i figli messi al mondo, amore per noi stesse in quanto donne, in quanto madri e per la vita che non smette mai di sorprenderci.
Così, un giorno sei Beatrice, Serena, Valentina, l’altro sei mamma. A volte ti senti tale non appena vedi quelle due lineette spuntare sul test di gravidanza, altre volte più tardi nel corso della gestazione, magari la prima volta che lo sentirai scalciare. Altre ancora soltanto al momento del parto, quando verrà al mondo.
Riconoscersi come donna e come madre
Ma non è sempre così: molte donne, tante, fanno fatica a riconoscersi come madri. Passano settimane, mesi, talvolta anni prima di prenderne serena coscienza, di accettare il nuovo abito che dovranno indossare per il resto della loro vita.
Ci sono donne che si vedono scisse definitivamente, divise nel ruolo di donna e in quello di madre, come fossero due facce separate, esistenti separatamente e senza mai dialogare l’una con l’altra.
Altre pensano che con la nascita della sé madre venga meno la sé donna per sempre e avvertono la nuova condizione come un peso insormontabile perché credono di non avere più prospettive, si sentono private della loro indipendenza.
C’è poi chi per senso di inadeguatezza entra in un circolo vizioso, fatto di colpevolizzazioni che alimentano e amplificano il sentirsi non all’altezza e la tristezza che ne deriva. E così si finisce a pensare che se non si è felici della maternità non si è degni di viverla.
Molto spesso, a dare il colpo finale, sono i commenti altrui, spesso anche di persone vicine. I loro sguardi, i loro giudizi, quella parola di troppo oppure quelle pronunciate in silenzio.
Oltre i pregiudizi

Non c’è nulla da colpevolizzare in queste madri, niente di sbagliato, soltanto una naturale emotività che sfocia prima in tristezza profonda e poi in vera e propria depressione.
Per l’esattezza è la depressione post-parto, un disturbo psicologico molto più diffuso di quanto si venga effettivamente a sapere.
Forse perché la donna è ancora sottoposta e tanti, troppi, pregiudizi che la obbligano a mostrarsi sempre forte all’occhio esterno, arrivando a mentire anche a sé stessa per lungo tempo, a non chiedere aiuto concreto.
Ecco perché oggi ne parliamo e perché è importante che si faccia spesso, con chiarezza e comprensione, normalizzando questa condizione e andando oltre i tabù legati alla maternità.
Da cosa deriva la depressione post-parto?
A causare questo disturbo dalle molte sfaccettature è sempre un trauma, cioè un evento negativo che può essere il parto stesso oppure il post-parto, ovvero tutto ciò che arriva come un fiume in piena e travolge la mamma nel momento stesso in cui nasce il bambino.
Le responsabilità, le paure, le ansie, la sensazione di lasciarsi scivolare all’improvviso e sempre di più la propria libertà.
Il crollo ormonale, poi, quel picco discendente che causa la famosa baby blues, gioca un ruolo fondamentale e può sfociare facilmente in depressione. Non uno status passeggero di breve durata, ma una condizione duratura che viene considerata come malattia.
A queste cause si aggiungono fattori ambientali e sociali che non hanno minor peso, anzi. Basta pensare ad una mamma single e con poche risorse economiche, che si ritrova a dover mantenere da sola il figlio, con tutte le altre responsabilità che comporta essere un genitore che deve fare per due.
E che dire poi dello stress fisico che si associa quasi sempre allo stress emotivo? Beh, anche questo fattore non è di poco conto: privazione di sonno e allattamento (sia quando è possibile sia, e aggiungerei soprattutto, quando non lo è!) mettono a dura prova il corpo.
Nella maggior parte dei casi di depressione post-partum è il parto a fare da scintilla, quando vissuto come esperienza negativa.

L’importanza di vivere un buon parto per la felicità futura
Un parto può essere vissuto male per diversi motivi, soggettivi ed esterni. Le prime cause che vengono in mente sono alcune condizioni cliniche che rendono difficoltoso il parto stesso, molto spesso particolarmente doloroso… o meglio, più del normale.
La partoriente può avere paura per eventuali complicazioni e quindi non vivere l’esperienza serenamente. Ma questo non è tutto.
La maggior parte delle volte, sono le intromissioni non richieste, anche quando fila tutto liscio, a cambiare le carte in tavola.
Affinché la donna viva il parto serenamente è importante che non ci siano troppo “interventi” intorno, soprattutto di natura medica.
Per citarne alcuni: violenza ostetrica, epidurale somministrata senza le dovute spiegazioni e interventi medicalizzati attuati senza una vera necessità (per esempio, in Italia vi è un’alta percentuale di cesarei, ma quanti sono veramente necessari?).
Tutte queste intromissioni creano paura, paura che poi si trasforma in ansia e ansia che infine muta in depressione.
La dimensione spirituale del parto
Al contrario, vivere un buon parto significare godere a pieno di quei momenti.
“Godere”? – ti chiederai. Sì, godere e meditare, entrare in una dimensione di natura spirituale. Perché il dolore fisiologico che in quelle ore, minuti e secondi, si prova, è un passaggio obbligato verso la felicità.
Questo la mamma deve saperlo e viverlo. Soltanto quando riesce a sentire la sua potenza, soltanto quando riesce a comprendere che quel dolore è il viaggio più dolce verso la conoscenza del proprio figlio in carne ed ossa, tante paure volano via… lasciando il posto alla gioia più piena, all’amore totale.
D’altronde, cos’è il parto se non il più puro atto d’amore e generosità?
Il dolore, la sforzo, il sudore… tutto la eleva ad una dimensione che supera il qui ed ora, la carnalità e che l’aiuta a sconfiggere ogni sensazione negativa per prepararsi ad accogliere la felicità.
Non soltanto, è in quei momenti che la donna si scopre nel profondo, nella totalità delle sue capacità. Probabilmente, mai avrebbe pensato di possedere quella forza primordiale.
Il viaggio della guerriera solitaria e senza armi
Dobbiamo pensare alle fasi del travaglio e dell’espulsione finale, con tutto il dolore fisico e lo stress mentale ed emotivo che comportano, come un viaggio: il viaggio di una guerriera che non ha altra arma a parte l’amore.

In quei momenti la madre che deve mettere al mondo il figlio deve fare totale affidamento sulle forze. È una guerriera solitaria, che nonostante l’aiuto ostetrico, combatte da sola per celebrare la vita.
Cosa c’è di più bello? Certo, anche la condivisione con le persone che ami è importante, in primo luogo il tuo compagno/ la tua compagna.
Ma ricorda, cara mamma, non sottovalutare i momenti preziosi successivi al post-parto, in particolare i primi 40 giorni (il periodo d’oro lo chiamo). Perché il tuo viaggio proseguirà ancora e a lungo, non si esaurisce con la nascita di tuo figlio.
Anzi, adesso ha inizio la vita vera.

Qualche consiglio per allontanare il pericolo
Perciò, per tenere a debita distanza i pensieri negativi e le emozioni nere, ti voglio suggerire qualcosa.
• Prima di tutto: ricordati che nessuna madre è “perfetta”. Al contrario, soprattutto al primo figlio, nessuna lo è e mai lo sarà completamente. Siamo tutte impreparate, per quanto si possa “studiare” prima con l’osservazione, con corsi ad hoc, prendendo spunto dai racconti delle nostre mamme.
• Non esistono errori, ma soltanto l’esperienza. Hai paura di fare il primo bagnetto perché temi di sbagliare? Non ti buttare giù, è assolutamente normale avere qualche ansia iniziale. Non lasciare che l’insicurezza prenda il sopravvento. Il tuo intuito, unito all’amore forte che provi per il tuo bambino, non possono farti sbagliare. Se preferisci, chiedi all’altro genitore o ad una figura di cui ti fidi di darti una mano le prime volte.
• Non lasciare troppo spazio ai consigli, ancora meno alle critiche! Mamme, suocere, zie, amiche a volte possono davvero esagerare con suggerimenti non richiesti, racconti delle loro esperienze e critiche velate. Ricordati che ogni madre è diversa come lo è ogni figlio, ogni maternità e ogni esperienza che voi due insieme vivrete.
• Circondati di poche, indispensabili, persone e soprattutto prenditi i tuoi spazi di intimità, tra voi due/voi tre, posticipando ad un secondo periodo le visite non necessarie. Hai e avete bisogno di creare il vostro nido, quel porto sicuro che è la famiglia.
• Chiedi aiuto ogni volta che ne avrai bisogno, ogni volta che ti sentirai stanca nel corpo e nello spirito. Fatti un bagno caldo, vai dal parrucchiere e delega ad un’altra persona alcuni impegni. Anche se per qualche ora, vedrai come ti sentirai “nuova” dopo aver staccato la spina per un po’. Oppure, semplicemente, fatti una bella dormita, una di quelle che non fai da tanto tempo.
Anche se farai tutto questo, non aspettarti soltanto momenti felici. I primi giorni dal parto saranno un’altalena a causa degli ormoni che pian piano si stabilizzeranno. Questo è fisiologico e non puoi evitarlo.
Passata la fase del baby blues, i momenti tristi, i pianti, torneranno di tanto in tanto ed è normale. È un periodo intenso che genera emozioni forti.
E allora che ben vengano le lacrime che servono a ripulirci, a riportare il nostro animo in equilibrio e in piena sintonia con quello del nostro bambino.
Le lacrime sono carezze del cuore, dico io. Puliscono e fanno nuovo spazio.

Accogli questi momenti in un’ottica positiva senza lasciarti sopraffare.