È quando avviene una nascita che segue i ritmi dettati dalla mamma e dal bambino. Non viene provocato, né accelerato. Si sta nel tempo scandito dalla loro diade. Ci sono volute 40 settimane, poco più o poco meno, di preparazione per vivere questo straordinario avvenimento. Viene considerata a termine una gravidanza tra la 37 e la 41/42 settimana.
Nel parto naturale si considera soprattutto l’aspetto del fenomeno biologico, psicologico e sociale. La donna deve essere in buona salute, la gravidanza deve aver avuto un decorso regolare e il rischio legato al parto deve essere basso. Con queste importanti premesse, è in grado di affrontarlo unicamente con le proprie forze proprio per il suo processo naturale e spontaneo. È libera di muoversi come meglio si sente. Ha comunque accanto a sé chi la sostiene e osserva.
Ma ogni cosa gira intorno alle sue scelte ed è la indiscussa protagonista del suo parto. La regina.
Viene quindi considerato parto naturale il parto vaginale, fisiologico e spontaneo dove non esiste alcun intervento medicalizzato.
Metodi naturali per stimolare le contrazioni o attenuare o controllare i dolori potrebbero far parte delle scelte per un parto naturale. Il parto termina con il secondamento, cioè l’espulsione della placenta, o meglio dire, la nascita della placenta.
Come già dicevo prima, il corpo di una donna impiega circa 40 settimane per prepararsi alla nascita del suo bambino. Lo stesso vale per la creatura che giorno dopo giorno, momento per momento in quelle settimane cambia, si evolve, cresce per arrivare pronta al momento della venuta al mondo. È un processo naturale che avviene da sempre e la natura sa cosa fare. Il corpo della donna sa e il bambino pure. È un “progetto” sul quale si dedicano entrambi per diverso tempo.
La donna che si permette di essere protagonista del suo parto e lo rende suo acquista maggiore fiducia nelle sue qualità di donna e madre.
Nella società d’oggi, soprattutto negli ultimi 60/70 anni, il parto si è “delegato” ai medici o alle ostetriche. Capita spesso che una donna che ha avuto un figlio dica: – mio figlio lo ha fatto nascere il tal medico o la tal ostetrica. – . Togliendosi in questo modo l’attribuzione della nascita della propria creatura. È dimostrato quanto l’autostima, la fiducia in sé stessa aumenti quando la mamma si sente protagonista del suo parto, artefice del processo della vita. Il senso di appagamento e la soddisfazione sarà così alto che creerà nuove energie e la ripresa sarà più veloce.
Tutto ciò porta ad una diminuzione della possibilità di depressione post parto che purtroppo alcune donne vivono nelle prime settimane o mesi dopo la nascita del bambino.
E il bambino? vince già una delle più grandi sfide della vita: la nascita. Si è preparato per 9 mesi e più come un guerriero pronto a mostrare la sua forza, la sua tenacia, il suo amore per la vita. Ed eccolo lì che fa capolino con la sua pelle morbida che sente i brividi del vuoto, i suoi occhi che vedono la luce per la prima volta, l’aria che entra nei polmoni, il primo pianto e due braccia, due mani che lo accarezzano e sa che la sua prima battaglia è finita, sa che avrà per sempre con sé la sua più grande alleata, la sua mamma.
Durante la gravidanza ogni donna sente il bisogno di parlare con altre donne nella sua stessa condizione, o con neo-madri. È un bisogno primario quello di parlare del proprio bambino e condividere le proprie emozioni.
Ci sono mille, anzi migliaia di storie che girano attorno al parto. Alcune sono raccapriccianti, altre estasianti, ci sono infinite emozioni da ascoltare che sono come un’onda, potrebbe travolgerti
o cullarti dalla sua quiete.
Ci sono storie di donne che raccontano di un’impresa ardua, dolorosa e difficile e altre di esperienza semplice, facile, veloce. Ci sono donne che partoriscono attorniate da “squadre di esperti del parto” e chi, invece partorisce da sola.
La verità è che ognuna ha la sua storia. Una storia che si ripete da secoli e che ciò che è certo va a cambiare la vita, il pensiero, le abitudini.
Il parto è quel momento dove l’essere IO si sdoppia e diventa un NOI.
È quel momento dove cominci a prendere atto che non sarai più sola, le tue scelte vanno a influire sulla vita di qualcun altro. Il momento del parto è il principio del diventare genitori. Principio inteso come inizio, ma pure come essenza. Un processo che, ovviamente, ha inizio già in gravidanza, ma è con il parto che diventa reale.
Quello che a me sta più a cuore è che le paure e i messaggi negativi che aleggiano attorno a quello che resta il più grande miracolo della natura, vengano eliminati, o quanto meno alleggeriti. La paura costante di una minaccia astratta di rischi teorici, mette la donna nella situazione di non ascolto delle percezioni reali del suo corpo e del suo bambino.
Trovo che sia importante tornare a dare fiducia al proprio corpo, al proprio sentire. Credo profondamente nell’antica sapienza delle donne e nella loro capacità di dare la vita e saper dedicarsi al proprio bambino.
Il dr. Michel Odent, pioniere del parto naturale, uomo di scienza e ricerca, progressista, capace di sfidare con coraggio il condizionamento culturale secondo cui le “donne non avrebbero la capacità di partorire in modo naturale da sole”, sostiene che il miglior modo per facilitare il parto sia quello che la donna si allontani dalla neocorteccia. Questa dovrebbe essere messa in silenzio. Spegnerla.
La neocorteccia è la sede delle funzioni cognitive, è dove risiede l’apprendimento, il pensiero razionale, il linguaggio e la memoria. È quella parte dove “custodiamo” i condizionamenti, le paure che arrivano dalle credenze culturali: la paura della morte, la paura del parto. I condizionamenti culturali sono ciò che inibiscono il processo naturale del parto. Interrompere queste paure e condizionamenti facilita alla madre il ricollegamento con il suo cervello arcaico, che per natura conosce il suo compito. È sempre stato ciò che ha reso possibile la nascita negli esseri umani.
I mammiferi di ogni specie per partorire si isolano, cercano nascondigli intimi, dove si sentono protetti e al sicuro. Diversi studi hanno dimostrato che anche per la donna in procinto di partorire quando si ricollega con questa antica memoria, il parto avviene con maggior serenità e le paure svaniscono. “Per esempio, la pecora che vive nel gregge, si separa dal gruppo quando la nascita è imminente. La scimmia macaco rhesus lascia il gruppo, va ai confini della foresta e si nasconde lì. La femmina del topo, che è una specie di roditore notturno, partorisce di giorno.” (Michel Odent)
Basta poco per tenere in allerta la neocorteccia, un semplice stimolo esterno e il pensiero razionale si mette subito in azione. Un banale: “come stai?”, “ogni quanto hai le contrazioni?” o la vista del lettino o un odore particolare o un antico ricordo portano la donna a mettere le sue attenzioni altrove e crea uno stop al processo del travaglio. Il cervello arcaico viene spento e la neocorteccia si illumina. Quante volte mi è capitato di sentire racconti di donne che hanno vissuto questo tipo di esperienza. Donne che sono state disturbate dalle chiacchiere di chi gli sta accanto, medici, ostetriche, doule, lo stesso compagno. Oppure dalla necessità di “tenere tutto sotto controllo” e quindi di sottoporsi a controlli continui come il monitoraggio del battito o quello della dilatazione del collo dell’utero. Spesso si viene spinti dal desiderio di essere efficienti, utili e vicini, non c’è assolutamente nessuna intenzione di voler disturbare questo processo naturale e sempre miracoloso. Ma la realtà è che l’eccesso di controllo e mancanza di fiducia, mettono dei blocchi, difficili anche da riconoscere, e ritardano il parto naturale o lo deviano su altre situazioni. A volte, queste donne non esprimono neppure i loro veri bisogni, per non urtare la sensibilità di chi le segue. Invece è sano, utile, necessario permettersi di essere sé stesse e di scoprire anche quelle parti profonde, arcaiche di ognuna di noi e che non conosciamo. Tutti quanti, dalla donna che sta per partorire a chi le sta a fianco, dovremmo ritornare ad imparare a fidarci del processo naturale della vita, della nascita.
Ma allora quali sono i bisogni primari di una donna in travaglio? Il silenzio. Il buio, o meglio dire una luce fioca. Il silenzio è un grande alleato. Il linguaggio, parole inadatte possono provocare danni ed essere nemici per la donna che sta partorendo. Un luogo sicuro, con una luce soffusa, calda, non prioritaria è ciò che la donna cerca nella sua intimità per incontrarsi con la sua creatura, che sicuramente apprezzerà di essere accolta senza l’abbaglio di un flash. Oggi sappiamo che la luce ostacola il rilascio di melatonina ed una delle proprietà della melatonina è di ridurre l’attività della neocorteccia, che poi aiuta a riposare ed entrare nel mondo dei sogni. In poche parole quello che viene in aiuto alla donna partoriente è tutto ciò che va a spegnere la neocorteccia. Chiede, dunque, protezione da qualsiasi cosa possa stimolare il suo “intelletto”.
Vogliamo poi parlare dell’ossitocina? Il cocktail dell’amore? L’ossitocina è quell’ormone che ci fa innamorare, che ha un ruolo importante nella riproduzione, nei legami affettivi, nei rapporti sociali. È ciò che ci fa rilassare e calmare. È quella vibrazione unica, indescrivibile che si prova alla nascita del proprio bambino. Il picco massimo dove si sperimenta la forza massima dell’ossitocina è proprio con la nascita. È Il momento dove c’è un’esplosione di amore. Ci prenderemo un intero articolo per parlare di questo fantastico ormone e neurotrasmettitore, che influenza sia le funzioni vitale che comportamentali dell’essere umano. La sua antagonista è l’adrenalina.
Con il parto finisce un tempo importante della vita di una donna e ne inizia un altro. È una partenza verso una nuova sé. Ci si scopre più forti, anche vulnerabili, si conosce quella parte profonda del proprio essere, quella che, a volte, neghiamo, e poi vai ad incontrare quella nuova donna che ti permette di sperimentare l’amore incondizionato. È una forza, un’energia che dovremmo fare tesoro per tutta la vita.
Scrivimi per dirmi cosa ne pensi.